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Cronaca

Cosche "ingorde" che non hanno mai smesso di segnare il territorio con la violenza

Sotto la lente d'ingrandimento della Dia i traffici di sostanze stupefacenti, in un contesto segnato da una nuova vena di pentitismo, e la "predilezione" di alcuni boss per il reddito di cittadinanza

Passato e presente, ciò che è storicizzato e ciò che ancora non lo è. La ‘ndrangheta, disegnata dalla relazione della Direzione investigativa antimafia, è un mix di “regole sociali” inalterate nel tempo e di nuovi spazi di manovra. I clan, per gli investigatori di Maurizio Vallone, “non hanno mai smesso di “segnare il territorio”, perpetuando la loro pressione estorsiva e usuraria ai danni di imprenditori e commercianti. All’occorrenza, del resto, non si fanno scrupoli, laddove si presentasse la necessità, di dare un segnale deciso ricorrendo anche ad atti di violenza”.

Allo stesso tempo, tuttavia, “le cosche sono in grado di adattarsi alle evoluzioni del contesto sociale, nazionale ed estero, tenendosi al passo con il progresso e la globalizzazione sapendo proiettare, al momento opportuno, le proprie attenzioni verso i mercati dell’Est europeo, attratte anche dai cospicui stanziamenti dell’Unione Europea”.

Oltre confine, quindi, le cosche riproducono i propri modelli strutturali, ricercando i valori fondativi delle consorterie ed esaltando i consueti vincoli tradizionali. Al di fuori dell’Italia, pertanto, non vengono insidiate solo le realtà economico ­imprenditoriali ma si cerca innanzitutto di creare insediamenti strutturati sul modello reggino dal quale partire per il conseguimento dei profitti.

“In definitiva - si legge nella relazione - il caratterizzante riconoscimento identitario risalente sin dagli albori della ‘ndrangheta, non è mai stato abbandonato e sarebbe assai riduttivo relegarlo a mero fenomeno folkloristico, oltre al fatto che, approcciarsi alla ‘ndrangheta senza averne ben chiaro le solide fondamenta, rischierebbe di non farne comprenderne appieno le “logiche” e l’effettiva portata criminale”.

Per gli uomini della Dia, insomma, si tratta di un’organizzazione "resa ancora più coesa proprio dal quel senso di appartenenza originato dal carattere parentale delle cosche. Tali meccanismi identitari, peraltro, costituiscono il legame che le consorterie ‘ndranghetiste di tutto il mondo mantengono con la casa madre reggina, il Crimine, il primario organismo di vertice che orienta le linee strategiche, dirime le eventuali controversie interne e stabilisce la soppressione o costituzione di nuovi locali”.

Tradizione e presente, guardando al futuro. Per affinare un’azione di controllo del territorio e di tutto ciò che sullo stesso si muove, come le provvidenze messe a punto dallo Stato attraverso il Reddito di cittadinanza, definita “ingorda”. “Nel semestre - si legga ancora - è emerso un ulteriore aspetto comprovante l’ingordigia ‘ndranghetista in spregio alla situazione emergenziale vissuta dal contesto sociale calabrese appena descritto, in totale distonia con le ingenti risorse economiche a disposizione delle consorterie, anche attraverso le richieste del reddito di cittadinanza”.

Inoltre, spiegano gli uomini di Maurizio Vallone, non si può tralasciare la tendenza da parte degli ndranghetisti ad autoreferenziarsi nel contesto religioso, con l’utilizzo dei santini per le affiliazioni, con gli inchini delle Statue patronali innanzi alle abitazioni di noti boss durante le processioni o con la partecipazione rivestendo ruoli di grande visibilità a cerimonie e riti sacri. “In relazione a questa vera e propria distorsione dei valori espressi dagli ‘ndranghetisti, appare opportuno sottolineare anche il sempre più frequente coinvolgimento, nei loro affari illeciti, di donne e di minori, come evidenziato da recenti inchieste”.

Logiche criminali che, però, iniziano a non piacere. In tal senso va anche letto il dato relativo all’incremento del numero di collaboratori di giustizia che decidono di affrancarsi da queste logiche criminali. Nonostante la più volte ribadita “struttura familistica della ‘ndrangheta, da sempre suo elemento di forza, che le consente una minore esposizione verso il fenomeno della collaborazione dei suoi affiliati con la giustizia, dovendo questi, nella maggioranza dei casi, accusare loro parenti stretti”, nel periodo 1 luglio 2019 – 30 giugno 2020 sono stati 4 i nuovi collaboratori ed altri sono in fase di valutazione.

Nonostante questo, però,  le cosche non hanno mai dismesso la vocazione spiccatamente affaristica, “la ‘ndrangheta ­ con una potenza imprenditoriale in costante aumento grazie alle risorse tratte dal traffico internazionale di droga – garantisce una sempre più solida affidabilità ai sodalizi stranieri, relazionandosi, da diversi decenni e da pari a pari, con le più sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano”. Nelle precedenti relazioni sono stati analizzati i dati riguardanti i quantitativi di sostanze stupefacenti sequestrati presso il porto di Gioia Tauro, da sempre considerato lo scalo marittimo privilegiato per l’ingresso della cocaina proveniente dal Sud America in Europa. Fino al 2018, il primato nel campo particolare sembrava potesse essere attribuito solo ad altri terminal del Mediterraneo e del Nord Europa. Il dato evidenzia, dunque chiaramente, l’attuale rilevanza dello scalo portuale in questione come crocevia di traffici illeciti internazionali, sebbene e come più volte sottolineato, la ‘ndrangheta non ricorra solo al porto di Gioia Tauro per finalizzare l’importazione di sostanze stupefacenti.

E se su Gioia Tauro gli occhi puntati degli investigatori hanno imposto un freno all’attività di importazione dello stupefacente, i boss non hanno problemi a spostare le proprie rotte verso porti ritenuti più sicuri. “Anche nel semestre in riferimento - si legge infine - gli approdi liguri - in particolare quello di Genova, ma anche quelli di La Spezia34 e Vado Ligure - ­ hanno rappresentato scali importantissimi per l’arrivo di significative partite di stupefacenti, nonché come aree di transito dello stupefacente verso le piazze del nord ovest del Paese ed estere”.

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